Abbiamo visto in un precedente articolo come uno dei fattori determinanti per la prevenzione della pericolosa Sindrome di Alienazione Genitoriale (descritta da Richard Gardner) sia rappresentato dal tempo di coabitazione del genitore bersaglio con la prole. Sembrerebbe dunque che questo aspetto, oggetto di trattative spesso convulse in fase di separazione coniugale di coppie con figli, rivesta un ruolo importante per la salute mentale dei nostri figli.
Ma esiste realmente una prova scientifica del benessere apportato ai figli dal fatto di poter avere rapporti continuativi con ambedue i genitori? Al di là di frasi fatte e scontate (“è bello avere due genitori”), esiste una sicura evidenza dei benefici che ciò apporta ai figli?
Una mano a dirimere la vexata quaestio ce la da' un articolo pubblicato su una delle più importnati riviste pediatriche mondiali (ACTA PEDIATRICA97,152-158,FEBBRAIO 2008, Sarkadi et al.,Uppsala e Melbourne) svolta da pediatri ed epidemiologi svedesi e australiani e finalizzata a verificare se il coinvolgimento paterno (concettualizzato come tempo di coabitazione,impegno e responsabilità) abbia influenze positive sullo sviluppo della prole.
Gli studiosi hanno analizzato retrospettivamente 24 studi svolti in 4 continenti diversi e con durate dai 10 ai 15 anni,
La conclusione è che, dopo aver depurato i dati da variabili socioeconomiche, in 22 studi su 24 si è avuta l'evidenza (con p<0.005) degli effetti benefici derivanti dal coinvolgimento di ambedue le figure genitoriali. In particolare si è visto che il coinvolgimento del padre migliora lo sviluppo cognitivo, riduce i problemi psicologici nelle giovani donne,diminuisce lo svantaggio economico e la delinquenza giovanile, riduce lo svantaggio economico nei ragazzi.
La conclusione degli studiosi, provenienti da Paesi dove ,dopo la separazione coniugale, al genitore non collocatario viene riconosciuto un diritto di visita pari al 25-30% del totale (e non il 17%) , è un appello alle autorità competenti affinchè ampliino i diritti di visita del non collocatario.
Negli USA molti studi hanno evidenziato i danni provenienti dall'assenza del padre (o per scelta del genitore o per volontà ostativa della genitrice) e tra questi sottolineerei American Journal of Public Health,num. 84,1994,Sheline et alii (“I ragazzi con padre assente sono a più alto rischio per comportamenti violenti”) e Survey on child health, 1993,U.S. Department of Health and Human Services (“Bambini che vivono senza un contatto con il loro padre biologico hanno il doppio delle probabilità di lasciare la scuola”): da questo deriva la necessità scientifica di sanzionare efficacemente sia il genitore che rinuncia al diritto-dovere di visita dei figli sia il genitore che ostacola i contatti della prole con l'altro genitore.
Ma questo è un po' difficile da pensare in Italia dove, in fondo, la deprivazione genitoriale è quasi istituzionalizzata: solo nel 1996, per esempio, al tribunale di Varese era comune che il padre uscisse dalla prima udienza di separazione con un tempo globale di visita della prole pari allo 0.16% del totale: tre ore al sabato pomeriggio!
Ancora un mese prima dell'entrata in vigore della legge sull'affido condiviso, sempre al tribunale di Varese , a due bambini di 3 e 5 anni era stato riconosciuto il diritto di vedere il loro papà che viveva coi nonni paterni al piano di sopra della villetta bifamiliare ben...7 ore al sabato: dalle 14 alle 21 (nessuna limitazione era stata posta al diritto di poter sentire i passi del papà sul soffitto durante la settimana!).
Quando, dopo 2 anni di su e giù per le scale, il padre si riconciliò con la madre e tornò a vivere al piano di sotto, il giudice non fece nessuna obiezione al ripristino dei tempi di coabitazione con la prole, a dimostrazione della grande confusione che ancor oggi si fa tra genitorialità e coniugalità: solo il coniuge può essere un buon genitore, solo il marito può essere un buon padre!
Secondo l'osservatorio nazionale ADIANTUM (www.adiantum.it) il diritto-dovere di visita si colloca attualmente tra il 15 e il 17% del totale del tempo. E se un padre ,in causa giudiziale di separazione vuole essere più presente, ottiene migliori risultati comprando direttamente le ore dalla madre che intentando una causa legale (il cosiddetto fenomeno della mercificazione dei bambini).
Come in tutte le cose anche nei danni da separazione conta il profilo genetico: Battaglia et al., San Raffaele, dimostrano con uno studio su gemelli identici che i bambini geneticamente predisposti sottoposti a traumi da separazione genitoriale (lutti o separazioni coniugali “difficili”) in tenera età hanno elevate probabilità di soffrire da adulti di crisi di panico per una azione modificatrice sui centri bulbari della respirazione.
La Prof.ssa Spence della Queensland University ha dimostrato invece che i danni da deprivazione genitoriale sono quantitativamente equivalenti sia che a latitare sia il padre sia che sia la madre e che , comunque, sono mediamente meno gravi dei danni da conflitto e che i tassi di dissocialità minorile sono maggiori nei figli di coppie formalmente unite ma conflittuali che in quelli di coppie separate (a dimostrazione che ciò che conta non è il divorzio legale ma quello emotivo).
Sulla base di molte considerazioni prima elaborate, diversi studiosi francesi hanno posto l'accento sul maggiore utilizzo che si dovrebbe fare del cosiddetto affido alternato: al di là di anacronistiche considerazioni stereotipate (“I piccoli nomadi”), l'esperienza della Francia (paese ove il divorzio esiste ininterrottamente dal 1792) è assolutamente positiva e fa ritenere che l’affido alternato consenta di eliminare i contenziosi su assegni di mantenimento, diritti di visita, alienazione genitoriale e coinvolgimento di ambedue i genitori.
Secondo Solint (1980) questa modalità d’affido consente di incrementare la fiducia nei genitori, mentre per Jacuin e Fabre (1993) i risultati globali sono ottimi per prole e genitori.